domenica 29 agosto 2010

Questione di gesti...

Lo spunto per questo post mi è stato dato dal filmato del concorso internazionale "Miss Deaf" (Miss sordomuta), pubblicato da Anny Tronco, stilista ed artista pop-art casertana, che degli abiti indossati dalle modelle è la disegnatrice. Per una volta mi sono visto appartenere a quella minoranza udente per la quale erano stati predisposti, non in vista, due "traduttori" della lingua dei segni. Se non fosse stato per quelle due voci, sarei stato impossibilitato a capire cosa dicevano i presentatori e le modelle, un po' quello che accade quotidianamente ai non udenti (e non vedenti) nelle nostre città. E qui ritorna un mio vecchio post nel quale parlo dei problemi direttamente derivanti da un progetto architettonico non pensato per l'uomo, ma per un certo tipo di uomo, come per il Ponte della Costituzione di Calatrava che, per stessa ammissione dell'architetto, non era stato pensato per i disabili in carrozzella in quanto la prima idea era quella di realizzare dei piccoli gradini continuando la tipologia dei ponti veneziani sul Canal Grande (che, per la verità, hanno dei gradini). Il fatto è che nel 2000 (il progetto risale al 1998...) non si può più pensare ad un progetto destinato ad una parte dell'umanità e né si può pensare in termini di percentuale maggiore di "normodotati" contro "disabili". Le città e, di conseguenza, le architetture, vengono vissute, percepite, anche diversamente dall'individuo, ma questa diversità non può dipendere solo da un handicap più o meno grave e soprattutto non dev'essere un ostacolo, spesso discriminatorio. C'è ancora e, temo, ci sarà ancora per parecchio tempo, soprattutto in Italia dove il ritardo culturale sempre più regresso porta ad acquisire i cambiamenti culturali con anni di ritardo, l'abitudine a progettare ingressi con scale e rampe per i disabili che spesso devono percorre molta più strada per trovarsi allo stesso livello degli "altri", l'abitudine ad affidare esclusivamente ai colori determinate informazioni, con buona pace dei daltonici (utilizzo apposta una categoria di disabilità meno invalidante rispetto agli ipovedenti o ai non vedenti) che non saprebbero scegliere fra una ipotetica "Sala Rossa" ed una "Sala Verde", oppure esclusivamente ai suoni (campanelli, citofoni, ecc.). Fare Architettura vuol dire progettare per l'Uomo. E' così che, a distanza di anni dal progetto iniziale (1972), il liceo Ariosto di Ferrara progettato da  Melograni, ha superato brillantemente la "prova" della normativa per l'abbattimento delle barriere architettoniche ed a tutt'oggi risulta essere molto vissuto dagli studenti e percepito non soltanto come luogo di studio, ma anche come luogo di socializzazione, funzione primaria che dovrebbe avere l'istruzione.
A qualcuno può sembrare strano che ne stia parlando, addirittura banale o fuori luogo, ma nelle facoltà di architettura questo argomento, quando non è proprio affrontato, è visto come una parte necessaria, non una parte integrante del corso di studi, tralasciando il problema della vivibilità e della percezione, in un secondo stadio del "pensiero" progettuale con tutte le ovvie conseguenze derivanti.