domenica 22 gennaio 2012

003) Dunque si parte... e si è già tornati

Ho visitato Città di Castello il nove gennaio in una fredda, ma limpida giornata di sole. Il tema della tesi è concentrato sul tratto di Lungotevere, fra gli ormai scomparsi campo boario e porta San Florido. Il centro antico si presenta pulito e ben tenuto, malgrado i restauri abbiano in più punti cancellato l'autenticità materica come è stato possibile constatare consultando alcune foto d'epoca nella biblioteca comunale. Ma mentre l'abitato intra moenia conserva il carattere del tipico centro umbro, ma che guarda all'ormai imminente toscana, la città cresciuta extra moenia è invece anonima. Tranne la fondazione Burri, ospitata in vecchi essiccatoi del tabacco restaurati e dipinti di nero, il resto dell'edilizia non è molto diversa da tante altre, simili tendenti all'uguale, di altre città d'Italia.
Il Lungotevere è invece in uno stato di lento degrado. Non è più una porta alla città, ma un anonimo oltrefiume, se così si può dire. La vecchia area industriale è in via di smantellamento e riconfigurazione più a nord, mentre gli spazi una volta occupati da fabbriche vanno riempiendosi di abitazioni per la maggior parte unifamiliari. Il progetto di tesi, in fase di realizzazione con il mio gruppo "storico", si occuperà di riprogettare le due aree a cavallo della strada di accesso alla città e lungo la riva sinistra del fiume, in modo da realizzare una nuova porta, una porta aperta questa volta. Ognuno ha scelto un tema interno al meta-tema da sviluppare e approfondire autonomamente. Io ho scelto la riva del fiume ed il centro di canottaggio, disciplina molto in voga a Città di Castello, tanto da aver dato i natali a due campioni del mondo di canoa/kayak.
La passeggiata lungo la riva è stata piacevole. Il sole tardava a salire e malgrado il freddo è stato bello passeggiare su quello che è poco più di un sentiero lungo il fiume. A causa del cedimento di una diga a monte, si è verificata negli anni passati un ingrossamento del fiume che ha provocato il crollo di parti degli argini in terra che però non hanno precluso la pedonabilità. Il sentiero si estende per 5-6 km per poi perdersi nella vegetazione. In progetto c'è la realizzazione di una rete ciclo-pedonale in modo da collegare, lungo il Tevere, il comune di San Giustino a Nord e, magari più in là negli anni, quelli a sud. Il centro di canottaggio attuale è invece ospitato in una struttura poco adeguata all'importanza che ha questo sport fra i cittadini. Basti pensare che, malgrado i 5°C, un uomo, verso le 12:30 ha preso il suo kayak, lo ha calato in acqua e si è avviato verso San Giustino. C'è da dire che il fiume, almeno d'inverno, è vissuto poco dalla popolazione, malgrado le acque relativamente basse, ma limpidissime, tanto da scorgere sia i pesci più grossi, in particolare le trote, sia quelli più piccoli.
Il progetto, che è ancora nella mia mente, prevede la costruzione di un nuovo rapporto con il fiume e la canoa/kayak. Non ci sarà un accesso anche per i disabili, semplicemente sarà garantito a tutti di arrivare sul fiume con i propri mezzi, qualsiasi essi siano. Ci saranno punti di sosta e di osservazione, di meditazione e lettura, di socialità e di gioco. Il percorso ciclo-pedonale potrà o potrebbe essere utilizzato anche da chi va a cavallo o porta il cane a passeggio (a proposito ho visto per la prima volta nella mia vita, i cestini per la spazzatura per cani dove, al di sotto del cestino è possibile prelevare una bustina per depositarne gli escrementi!). L'idea di base è quella di permettere alla popolazione di vivere il fiume anche nei periodi più freddi, quando piove o nevica, quando c'è vento o fa molto caldo. Che il fiume non diventi una barriera fra la città e la campagna che ancora resiste ai margini dell'abitato, malgrado la lenta e apparentemente inesorabile fagocitazione del cemento.

Insegnamenti:

  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Rilievo dell'architettura;
  • Disegno dell'architettura;
  • Storia dell'architettura;
  • Storia della città e del territorio;
  • Teoria e storia del restauro;
  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;
  • Caratteri costruttivi dell'edilizia storica

venerdì 13 gennaio 2012

Un piccolo esempio di case popolari

In questi giorni ho avuto la fortuna o l'onere di prendere parte alla ristrutturazione di alcune case popolari in un comune del casertano dalla storia antica. Non sono le solite case dell'immaginario anni '70 quindi non parlerò di serrande verdi, mattoncini, quattro piani e atri d'accesso in travertino o trani chiaro. Queste case hanno avuto un architetto come progettista ed una pubblicazione su una rivista. Qualcosa di "serio" insomma, ma non di seriale. Ed infatti anche le tipologie sono diversificate. Un simplex per un disabile, tre duplex a schiera ed un edificio in linea a tre piani per completare, affaccianti su un cortile comune che forma una sorta di piccola comunità. Il problema è la qualità di vita degli abitanti. L'impresa, per fottere più denaro possibile, dopo aver presentato un ribasso d'asta da criminali (vincendo la gara) ha pensato bene di tralasciare le finiture (intonaco spesso non più di 1 cm, guaine posate male, assenza assoluta di ogni coibentazione, scossaline con fessure fra i giunti, mancanza di apparecchi luminosi nei garage, ecc.). Tutte le piogge degli ultimi anni sono cadute sugli abitanti, ma all'interno delle case, dipingendo color muffa tutti i soffitti e gli angoli con ponti termici degni di attraversare lo stretto di Messina senza appoggi. L'intonaco è così sottile che è possibile scorgere tutti i forati sottostanti, una sorta di stampa su carta adesiva...
Ma voglio parlare di chi ci abita. Gente tanto umile quanto dignitosa. Nessuno che abbia urlato "piove, governo ladro!", nessuno che abbia rinfacciato che "pagano le tasse e vogliamo i servizi". Anzi. Ci sono abusi edilizi quali tettoie, stufe a pellet (l'impresa non ha installato ad opera d'arte gli impianti termici...), due porte blindate, pavimentazioni e ringhiere installate in proprio, ma, come ci tenevano a precisare, si è trattato di soddisfare le necessità più impellenti dovute ad una pessima gestione della costruzione, prima e dopo l'assegnazione e, una volta informati dell'inevitabile demolizione, hanno accettato di buon grado pur di vedersi sistemati i problemi. Insomma, sapevano che non si poteva fare, ma per esigenza era l'unica cosa possibile, tenendo presente una demolizione in futuro.
Non ho sentito commenti negativi sulla qualità architettonica, forse perché gli affitti sono bassi e quindi, cinicamente, meglio lì che altrove, o forse perché quelle abitazioni le sentono proprie. C'è pulizia in tutti gli appartamenti e nelle parti comuni, il piccolo cortile è vissuto, lo stenditoio all'ultimo piano dell'edificio in linea è utilizzato, i garage e le cantinole utilizzati benché manchi la corrente elettrica (chi ha potuto, ha provveduto per sé). Gli appartamenti sono decorosi e tutti ritinteggiati due volte l'anno proprio a causa dei problemi appena accennati. Ho visto, in definitiva una popolazione che vive le proprie abitazioni e il proprio territorio con dignità e vive la propria piccola comunità con una sorta di riconoscenza, quella che poi li spinge a salvaguardare anche gli interessi comuni.