giovedì 18 settembre 2008

Piccoli gesti

Stamattina ho ricordato un gesto che fece Paolo Portoghesi, dopo una conferenza sui suoi lavori organizzata dalla nostra Facoltà per il giorno 24 novembre del 2006, e che all'epoca, destò in me, studente del primo anno, molta curiosità. Dopo averci illustrato i suoi lavori in Aula Magna e l'ispirazione venutagli dai cerchi concentrici che forma un sassolino lanciato in uno stagno, divenuti poi tema dominante nelle sue opere, il gruppo con Portoghesi, la preside ed il Consiglio di Facoltà, uscì dall'aula e percorse il corridoio che la separa dall'atrio scale per raggiungere, al piano sottostante, la presidenza. Dietro di loro eravamo soltanto io ed un mio collega: volevamo porre una domanda a Portoghesi circa il metodo, per così dire migliore, di cercare ispirazione nella natura e nel mondo che ci circonda e perciò lo "inseguimmo" per cercare il momento più opportuno per farlo. Eravamo giunti sul pianerottolo dello scalone principale, quando Portoghesi appoggiò la mano al corrimano in ferro battuto, di manifattura seicentesca, per scendere le scale. Un semplice gesto: si arrestò un attimo prima di cominciare a scendere, forse il tatto gli suggerì qualcosa che gli fece voltare lo sguardo verso il parapetto, sollevò la mano come per scoprire cosa avesse nascosto il suo arto, mentre lo sguardo correva su e giù lungo la ringhiera di profili giuntati con borchie e semplici volute a spirale e le dita toccavano il ferro come se volessero sentire meglio le irregolarità del materiale forgiato a mano. Io ed il collega ci guardammo meravigliati da quel semplice gesto che in un attimo ci fece riflettere su quante impressioni inaspettate ed assolutamente casuali (tipo "la pallottola di carta" di Frank Gehry) debba essere soggetto un architetto e di come sia importante che queste esperienze vengano archiviate nella sua memoria visiva per farne un bagaglio culturale sul quale fondare solide basi per lo sviluppo di opere architettoniche e di design. Il tutto si risolse in pochi attimi, poco meno di una decina di secondi, ma la considero la mia prima vera esperienza formativa.
Per la cronaca: la meraviglia per quel gesto, spense in noi il desiderio di porre quella domanda perché in quell'istante c'erano già state date tutte le risposte.

1 commento:

  1. beh... devo dire che noi ingegneri-architetti- siamo animali rari, meritevoli di essere studiati in tutte le loro fasi di sviluppo: da quando facciamo i primi passi interrogandoci su dove possa essere in quel momento il nostro baricentro, a quando pronunciamo le prime parole come "mies" o "wright", fino a ritrovarci in lacrime davanti una qualche scala di Carlo Scarpa.
    Dovremmo essere oggetto di tutela!!!
    Quando a me capita di avere un ispirazione fulminea e inaspettata come racconti nel tuo post, metto a conoscenza l'intero mondo della mia scoperta con un grido tipo "eureka!!!", ma che non è esattamente eureka... :P

    p.s. complimenti per il blog

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