giovedì 8 novembre 2012

011) Fuori discussione

Il 24 ottobre scorso ho finalmente discusso la mia tesi. Diversamente da quanto sembrasse all'inizio, anche a causa della proposta, non accettata, in extremis (cinque giorni prima), del relatore di procrastinare la discussione a dicembre, il risultato finale è andato oltre le aspettative: il massimo dei punti (7) con un punto in più concesso dalla commissione.
Ho atteso una settimana o poco più per scrivere questo post che è l'ultimo dell'era da studente e non so come continuare e se continuare con questo blog perché nato espressamente come sfogo alla vita universitaria e poi è "scivolato" sull'architettura. La prima esperienza progettuale, sebbene per una tesi di laurea, ma con intenzioni realistiche ben individuata nel territorio, mi ha permesso di elaborare alcuni concetti, espressi già nelle intenzioni dei primi post di questa rubrica, verificandone l'applicabilità ed i risultati. Sebbene non inseriti, la momento, nel lavoro finale, restano presenti nel progetto vero e proprio che, pur non essendo stato reso pubblico, è alla base della tesi. I percorsi loges con indicazioni in rilievo e Braille, il centro per il bike-sharing, le sedute sparse per la passeggiata con possibilità di raccoglimento o socializzazione, l'illuminazione discreta, le passerelle-terrazzo e la nuova passerella ciclo-pedonale, pensati, ma non ancora progettati, attendono che vi metta mano, prima o poi, per completare il pensiero progettuale.
Ma ho atteso anche perché, ormai scarico di tensioni, ho pensato a rilassarmi riprendendo i vecchi videogame accantonati per la preparazione della tesi che non mi permetteva un minuto di rilassamento e non riuscivo a riprendere in mano il "discorso", per così dire, conclusivo.
Ora mi attende la prima prova dell'esame di abilitazione il prossimo 20 novembre. Dunque è finito un ciclo, o forse continua, non nell'università, ma nella ricerca. Un nuovo punto d'inizio dal quale partire, ma non so se ancora su questo blog o su un blog.

Immagine del masterplan

domenica 14 ottobre 2012

010) Correzione #3

Sono ormai allo stadio finale, in quella noiosa parte della preparazione quando si fa il possibile per ingannare il pubblico con belle immagini di quello che dovrebbe essere e invece sembra. Domani (15/10/2012 N.d.R.) si stampa e si consegna martedi. L'ultima fatica sarà la realizzazione della presentazione a schermo che accompagnerà la discussione della tesi: sei lunghi anni di studio, cinque mesi di preparazione della tesi concentrati in otto minuti nei quali, mentre io parlerò, la platea non capirà niente e la commissione sarà più o meno distratta. Dovrò mostrare il processo iniziato dallo studio del luogo e del territorio circostante, passando per l'idea, le bozze, gli schizzi, i disegni, le correzioni, i particolari tecnologici, le sistemazioni esterne, fino alla relazione finale. Dovrò farlo cercando di rendere visibile a schermo il processo del pensiero progettuale attraverso lo scorrere di immagini, schemi e disegni.
L'ultima fatica è stata la realizzazione del modello 3D che ha evidenziato, come ovvio, errori di calcolo nelle dimensioni di alcuni ambienti e degli spazi, risolti, fortunatamente, in pochi passaggi. Quello che è mancato è stato il coraggio di dare una forma più coerente con gli allineamenti urbani esistenti e con la morfologia del terreno, ma se nel secondo caso, mancando un serio rilievo topografico, le approssimazioni e le semplificazioni sono state quasi legittime, nel primo caso si è trattato di una vera e propria mancanza. E dire che un allineamento stradale mi aveva portato a pensare ad una sorta di cannocchiale ottico verso l'antica e scomparsa Porta S. Florido, fatto che, nel progetto di tesi, è in parte ovviato dalle superfici vetrate del bar/ristoro e del baby-park che guardano direttamente alla città. È stata un'occasione mancata. Semmai si arriverà alla progettazione esecutiva, così come blandamente lascia intuire il manifesto del Consulto, quello del cannocchiale ottico aperto alla città, sarà sicuramente un argomento di progetto, sempre che questo venga affidato al sottoscritto medesimo.

mercoledì 26 settembre 2012

009) Correzione #2

Definite le forme. Un profilo allungato che va restringendosi dal lato sul fiume verso il terreno: rimesse per canoe e palestra con infermeria annessa. Vetrate sul fiume e sulla sponda opposta. Un secondo piano a livello stradale: sala ricevimenti, convegni, premiazioni, bar, ristorante o tutto insieme; area amministrativa e direttiva, biblioteca e aula didattica/proiezioni: il regno dell'associazione. Vetrate verso il fiume su un ballatoio protetto da brise-soleil. Nella piazza antistante oggi aiuola poco importante per l'economia urbana dell'area, un nuovo padiglione legato da sottili lingue di pavimento all'edificio principale: baby-park, ma anche asilo a supporto delle attività canoistiche e della città. Cotto, cemento, legno, vetro: i materiali principali del dialogo. Aree a verde per lo svago ed il pensiero e lo svago del pensiero e per il pensiero svagato. Il rumore dell'acqua come intima conversazione con la natura, modellata dall'uomo, ma che conserva la sua dignità di pluralità singolare.

Bisogna rappresentare il tutto con la cautela necessaria di un discorso senza parole, ma comprensibile in tutte le lingue.

Work in progress: una planimetria poco curata dell'insieme

Insegnamenti:

  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;
  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Progettazione ambientale;
  • Storia della città e del territorio;
  • Storia dell'Architettura contemporanea;
  • Caratteri costruttivi dell'edilizia storica;
  • Disegno dell'architettura;
  • Tecnologia dell'Architettura;
  • Progettazione architettonica e urbana;
  • Laboratorio di Costruzione dell'Architettura.

mercoledì 5 settembre 2012

008) Correzione #1

In realtà sarebbe la seconda correzione, ma la prima la reputo semplicemente una discussione sui temi, una conferma ed uno start. Un "Via!" dai blocchi di partenza.
La forma è nata, ma la mia pudicizia ed il rispetto per le altrui sensibilità mi vietano di pubblicare immagini, almeno per il momento. Ho tentato di invadere il meno possibile lo spazio, cercando di seguire, assecondare e ridefinire le forme già esistenti, discernendo quelle naturali da quelle artificiali fino a quelle posticce, messe soltanto per definire un piano. All'interno dell'edificio sono previste le rimesse per le canoe, una palestra con sala voga, un'infermeria, uffici, spaccio o bar sociale, sala riunioni e, compatibilmente con gli spazi, una biblioteca. All'esterno gli scivoli per le canoe dalle rimesse all'acqua con relativo molo galleggiante, spalti ricavati dalla scarpata sul fiume, punti informativi, bike sharing, parcheggi "verdi". Nell'ottica della più ampia accessibilità e fruibilità, sono previsti fin da progetto rampe, percorsi loges e relativa segnaletica, sia tattile che acustica. Ci saranno anche le scale per chi non vorrà utilizzare le rampe.
Come dicevo già alcuni post fa (004 e 006), il mio intento di modificare il meno possibile i tracciati creati più o meno liberamente dai pedoni, dai podisti e dai ciclisti, ha trovato parziale accoglimento da parte del relatore. Parziale perché, in effetti, il disegno (e solo quello), dava l'idea di non progettato. Sarà necessaria una rettifica grafica, senza alterare il progetto di "non progettato". Devo necessariamente migliorare il disegno.
Il suggerimento del relatore è quello di "invadere" anche lo spazio, oggi destinato ad aiuola, mal progettata, quasi posticcia, attraverso un padiglione o una costola dell'edificio del centro canottaggio, così da avvicinarsi all'ingresso antico della città di Porta San Florido, in maniera anche da dare dignità ad uno spazio che appare oggi come un di più capitato lì in mezzo.
Dovrò lasciar perdere, una buona volta, la progettazione da geometra, cioè esclusivamente tecnica, badando più alla risoluzione immediata del problema piuttosto che a proporne una soluzione. A proposito di proporre, la parola chiave, presente anche nel bando del Consulto su Città di Castello, è stata "proposta": la tesi non deve essere risolutiva, ma propositiva. Proporre una soluzione, una delle tante, non quella definitiva, soprattutto nel mio caso nel quale i temi proposti hanno una corrispondenza con il reale e ne verrà valutata anche l'efficacia reale.


Insegnamenti:

  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Progettazione ambientale;
  • Disegno dell'architettura;
  • Composizione architettonica;
  • Progettazione architettonica e urbana;
  • Tecnica per il piano urbanistico;
  • Storia della città e del territorio;
  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;

martedì 14 agosto 2012

Gli attrezzi del mestiere

C'è un proverbio napoletano che recita:
so' 'e fierri che fanno 'o masto
vale a dire sono i ferri (attrezzi del mestiere) che fanno il capomastro. In realtà il termine "masto" in napoletano ha un significato più ampio, molto più vicino al termine "maestro": indica non solo il suddetto capomastro, ma anche una persona bravissima nel suo lavoro a prescindere se abbia o meno una squadra alle sue dipendenze. Esiste 'o masto dei gelati, 'o masto dint'a cucina, 'o masto da rapina.
Il significato del proverbio, però, esclude categoricamente che la bravura di un lavoratore qualsiasi non dipenda da lui, ma dagli attrezzi che usa, dimenticando che gli attrezzi vengono scelti proprio dal lavoratore in base alle sue competenze, al suo estro, al suo carattere. In definitiva è il masto che sceglie le attrezzature, non le attrezzature che scelgono il masto.
Nel realizzare la mia tesi di laurea, ma anche per altri scopi, ho operato la scelta, alcuni anni fa, dell'Open Source. Quando ancora programmavo per il Web, la scelta cadde quasi obbligata sul WAMP (Windows, Apache, MySql, Php) che avevano e hanno il non piccolo vantaggio di essere completamente gratuiti oltre ad essere di altissimo livello professionale e qualitativo. Ho continuato con l'open source installando Open Office, una suite completa per l'office automation, valida alternativa a Microsoft Office (a pagamento). Dalle esperienze informatiche sono poi passato a quelle architettoniche e di design. Ho sempre cercato prodotti, se non open source, almeno gratuiti, ma mi sono spesso scontrato con licenze troppo restrittive (gratuito per scopi personali, non commerciali, non student edition, ecc.). Fortunatamente l'open source avanza e le licenze sono quasi sempre valide anche per fini commerciali ed oggi posso tranquillamente affermare che la redazione della mia tesi di laurea mi costerà solo in carta, perché i software che utilizzo non hanno anni di ammortamento finanziario. Una delle disposizioni delle licenze open source, che sono arrivate alla terza versione, prevede che sia citato il software utilizzato. Io lo faccio qui:

Questi, tra le altre cose, sono tutti software tranquillamente utilizzabili anche per fini commerciali ed in produzione. Alcuni di essi, fra i quali Inkscape e Scribus, sono ancora suscettibili di miglioramenti soprattutto per quanto riguarda l'importazione di alcuni formati di file, ma utilizzandoli, si risparmiano i primi 10.000 € che possono essere utilizzati per fare 1000 altre cose.

sabato 28 luglio 2012

007) Parole su carta

Primi bozzetti, pessimi, tanti pensieri. La mia tesi, ma voglio dire, il mio progetto, ha un motto:
La potenza del Web sta nella sua universalità. L'accesso da parte di tutti indipendentemente dalle disabilità è un aspetto essenziale (WAITim Berners-Lee)
 Il Web è una rete, globale, planetaria, come globale e planetario è la rete dell'essere umano. Non ci saranno barriere di nessun tipo nella mia idea di architettura perché pensata semplicemente per l'uomo e non per una classe di uomo. Il progetto prevede infatti parcheggi per auto accessibili a tutti, compresi i non vedenti con le loro auto a guida automatica (quando verranno). Rampe per tutti e scale per qualcuno e non il contrario. Gradonate accessibili e percorsi pedonali fino al bordo del fiume. Avvisi sonori e luminosi con informazioni non assegnate ai colori, percorsi loges per tutta l'area. Non basta però armarsi di buoni propositi e di idee su come tradurli in progetto: sarà esso stesso comprensivo di tutto. Ormai è giunto il momento di non pensare più a chi "è meno fortunato di noi", ponendoci quindi in una posizione privilegiata, ma è il momento di guardare intorno per abbracciare con lo sguardo tutto e non una parte, abituando l'occhio e non viziarlo con luoghi comuni derivanti esclusivamente dalla pietà e dall'inconscio ritenersi fortunati di essere "normali". La normalità è l'essere umano nella sua interezza, "indipendentemente dalle disabilità".


Insegnamenti:

(Sarebbe opportuno introdurre nei laboratori di composizione e non solo, l'idea che l'architettura non è destinata ad una sola classe di essere umano con un budget economico incommensurabile)
  • Composizione architettonica e urbana;
  • Progettazione ambientale;


domenica 15 luglio 2012

Anomalia casertana

Caserta è una città anomala. Ci si viene esclusivamente per visitare la Reggia e, qualche volta, Casertavecchia. Non ha palazzi nobiliari o patrizi se si eccettua palazzo Paternò in Via San Carlo, una delle strade più antiche di Caserta. Le altre residenze si trovano nelle frazioni pedemontane e montane, fisicamente staccate dalla Caserta Nuova (fa eccezione la sola Casolla) benché facciano ugualmente parte del comune. Gli unici itinerari turistici, però, riguardano la Reggia ed il turista che arriva a Caserta, ne riparte nel primo pomeriggio. Non ci sono altri motivi per cui debba restare anche perché le informazioni turistiche scarseggiano, i servizi pubblici sono poco conosciuti e ancor meno comodi. Va detto che anche molti casertani conoscono poco la loro città e la visitano soltanto per andare al bar fighetto a bere una bibita da 4 euro.
Nata in collina prima dell'anno 1000 ad opera di esuli clericali calatini (di Calatia), discesa in pianura, prima con il solo seminario, poi con la residenza vescovile, non lontano da un esistente villaggio dominato da una torre, da cui l'antico nome di Villaggio Torre, dove si svolgeva un mercato, quando le condizioni dell'antica strada di collegamento divenne troppo pericolosa, si sviluppò in piano aggregandosi con antichi casali e borghi di epoca altomedievale: Puczanello (Puccianiello), Briano, Fauzano (Falciano), Rafreda (Aldifreda), San Martino (via Feudo San Martino). 
Caserta, benché abbia un istituto artistico, non ha laboratori d'arte né gallerie d'arte moderna veramente degne di essere chiamate tali, né un auditorium o un teatro che non sia quello di corte nella Reggia. Come può un turista scegliere di restare qui un giorno in più? Invitandolo a visitare la città con un altro occhio, quello del cittadino che conosce il suo territorio. Proporre, ad esempio, un itinerario alternativo da effettuare il giorno dopo alla visita al real palazzo o il giorno prima. Ma non esiste soltanto il turista. Esiste anche lo studioso, il musicista, l'artista, il poeta, lo scrittore ed è anche in questo senso che vanno indirizzati gli sforzi culturali e finanziari per rilanciare la città. Riempiendo di nuova vita i numerosi palazzi e spazi vuoti in città, recuperando all'uso pubblico l'immensa area dell'ex-MaCriCo, mediando fra area verde e residenze o uffici, realizzandovi anche un orto botanico, aree per pensare, per dipingere per fotografare, per scrivere, orti urbani, aree ricreative, aree studio. Il turista, con il significato più ampio del termine di colui che viaggia per piacere, si chiederà perché tanta gente e soprattutto giovani vengono a Caserta e vorrà vedere anche lui perché.

sabato 12 maggio 2012

006) I residui

Mi chiedo se non sia meglio lasciare gli spazi residui alla natura e di spostare tutte le operazioni di modificazione altrove. Il pensiero mi è venuto "gironzolando" per le strade di Città di Castello attraverso StreetView. Questa è un'area compresa nel progetto di tesi e, secondo il documento programmatico in discussione da parte dell'Amministrazione Comunale, dovrà contenere "parcheggi verdi", sperando che questa definizione ambigua sia dovuta alla non perfetta definizione del documento di governo del territorio. Per "parcheggio verde" si intende forse un'area di sosta che garantisca la permeabilità del terreno e le cui protezioni dai raggi solari siano costituite da alberi. In ogni caso, non riesco a pensare che quel verde sottile che la natura ha saputo disegnare contenendosi all'interno di confini forzati dall'uomo, un giorno possa essere calpestato da automobili. Non riesco neanche a pensare alla linea formata dal confine fra il verde e l'asfalto, al sottile profumo dell'erba, al rumore dell'acqua che è appena più in la, dopo quegli scheletri di alberi. Questo dona tranquillità rendendo piacevoli le passeggiate a piedi o in bicicletta, tranquillità che potrebbe essere compromessa dal passaggio di automobili da e per il parcheggio. Anche la fila di alberi a confine fra i due lotti, per forza di cose, verrebbe distrutto. Esiste la possibilità di aprire un varco senza alterare la forma lineare e senza creare vuoti nella barriera verde ed è cosa auspicabile.
Questo piccolo trapezio verde è una valida barriera trasparente fra l'abitato e il fiume, permettendo il passaggio non solo visuale, ma anche fisico. L'alterazione ne vanificherebbe il suo ruolo naturale.


Insegnamenti:

  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Progettazione ambientale;
  • Disegno dell'architettura;
  • Storia della città e del territorio;
  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;

venerdì 20 aprile 2012

005) Matita sulla carta

Incontro con il relatore (infortunato) a casa sua. Un masterplan comune fra i tre temi, inscindibili, delle tesi dovrà fare da matrice agli approfondimenti individuali. Il Tevere non dovrà essere un confine, una separazione, ma una via, d'acqua, da utilizzare. Un ponte stradale forse da ridisegnare ed una passerella ciclo-pedonale da realizzare, faranno da attraversamento fra le due sponde e formeranno due "incroci" sul fiume. Aldilà e aldiqua del fiume, edifici funzionali per il commercio, l'artigianato, lo sport, il sociale. Un gesto comune che dovrà partire da noi studenti (così si è espresso il relatore) che servirà agli approfondimenti per avere un colore comune seppur nella diversità delle scelte.
Carlo Melograni mi consiglierebbe di non aver paura del foglio bianco. Sto seguendo i suoi consigli e man mano vedo il tratto diventare "cosa".

sabato 17 marzo 2012

Manifattura ceramica Pozzi

Tra i pochi esempi di architettura contemporanea della provincia di Caserta, spicca senz'altro la Manifattura ceramica Pozzi degli architetti Figini e Pollini a Sparanise (lo stabilimento è quello più scuro, quello che appare più abbandonato). Oggi non è più in funzione e una parte del terreno è stata occupata da una centrale elettrica a ciclo combinato. Non è possibile accedere all'ex-Pozzi, almeno io non l'ho fatto, ma lo stato di abbandono delle aiuole e delle bellissime pensiline, non fa presagire nulla di buono. Venticinque anni fa, quando ancora la Pozzi aveva la produzione attiva, ricordo benissimo, quando passavo di lì con i miei genitori per andare a mare, i tanti operai all'ingresso e gli autobus fermi alle pensiline. Le aiuole curate e le strade di accesso pulite mi facevano pensare ad un luogo bello in cui le persone si volevano bene. Eppure l'altro giorno, quando ci sono ripassato a distanza di tanti anni e con la maturità di adulto che ha studiato un po' di architettura, non riuscivo a riconoscere più quel luogo divertente come mi era sembrato un tempo. E' più facile dimenticare che ricordare, ma un popolo senza storia non ha futuro.

lunedì 12 marzo 2012

004) Appunti o suggestioni

Voglio progettare poco. O, meglio, voglio progettare ma (pensare di) costruire poco. Il territorio è già stato modellato dall'uomo, ci sono gli argini in roccia, due rapide, il ponte ad archi ricostruito nel secondo dopoguerra, la brutta palazzina del Canoa Club Città di Castello che dovrà essere "abbattuta" così come richiede il bando (che poi è un testo-canovaccio più che un bando di concorso vero e proprio). Progettare non significa per forza costruire, può anche essere una parentesi fra un esistente ed un altro esistente con un'altra faccia. Oppure lo è in assoluto se si pensa all'esistente prima della costruzione o ricostruzione. Io, invece, non voglio toccare quello che, naturalmente, animali e essere umano hanno liberamente modellato. Voglio entrare in punta di piedi.
 - A parte l'edificio del club, gli unici interventi che penso di fare riguardano la sistemazione di alcuni punti dell'argine sinistro in direzione nord, erosi e scavati da una piena dovuta alla rottura di una diga. Semplici affacci con prospettive visuali diverse, punti per il riposo e la lettura.
 - Un ponte pedonale, da rifare perché inidoneo al passaggio di biciclette o cavalli e a senso unico alternato anche per i pedoni tanto è stretto.
 - Un po' di luce non troppo invadente per non infastidire le numerose trote che abitano le limpide acque basse di un Tevere quasi biondo.
 - La pista ippo-ciclo-pedonale in terra battuta, forse macadam, non so se pavimentata, ma credo di no, o rivestita in alcuni punti in prossimità del club, come per le strade romane nei pressi delle città e probabilmente anche per l'antica Tifernum.
 - Intorno al club e di tanto in tanto lungo la passeggiata lungofiume, alcune sedute lineari, spalti o gradinate, serviranno al pubblico che assiste alle gare di canoa e faranno da riposo o palestra per quelli e sono tanti che praticano sport all'aria aperta. Gli spazi sono abbastanza ampi da accogliere una scolaresca o una squadra sportiva. L'utilizzo del fiume e delle sue sponde in tutti i periodi dell'anno. Magari un piccolo anfiteatro per piccole rappresentazioni teatrali, atti unici, monologhi, riunioni associative, letture, mostre d'arte, comizi, gare di canto, cazzeggio, ecc.


Insegnamenti:

  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Disegno dell'architettura;
  • Storia dell'architettura;
  • Storia della città e del territorio;
  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;
  • Progettazione ambientale;
  • Laboratorio di progettazione e composizione architettonica

domenica 22 gennaio 2012

003) Dunque si parte... e si è già tornati

Ho visitato Città di Castello il nove gennaio in una fredda, ma limpida giornata di sole. Il tema della tesi è concentrato sul tratto di Lungotevere, fra gli ormai scomparsi campo boario e porta San Florido. Il centro antico si presenta pulito e ben tenuto, malgrado i restauri abbiano in più punti cancellato l'autenticità materica come è stato possibile constatare consultando alcune foto d'epoca nella biblioteca comunale. Ma mentre l'abitato intra moenia conserva il carattere del tipico centro umbro, ma che guarda all'ormai imminente toscana, la città cresciuta extra moenia è invece anonima. Tranne la fondazione Burri, ospitata in vecchi essiccatoi del tabacco restaurati e dipinti di nero, il resto dell'edilizia non è molto diversa da tante altre, simili tendenti all'uguale, di altre città d'Italia.
Il Lungotevere è invece in uno stato di lento degrado. Non è più una porta alla città, ma un anonimo oltrefiume, se così si può dire. La vecchia area industriale è in via di smantellamento e riconfigurazione più a nord, mentre gli spazi una volta occupati da fabbriche vanno riempiendosi di abitazioni per la maggior parte unifamiliari. Il progetto di tesi, in fase di realizzazione con il mio gruppo "storico", si occuperà di riprogettare le due aree a cavallo della strada di accesso alla città e lungo la riva sinistra del fiume, in modo da realizzare una nuova porta, una porta aperta questa volta. Ognuno ha scelto un tema interno al meta-tema da sviluppare e approfondire autonomamente. Io ho scelto la riva del fiume ed il centro di canottaggio, disciplina molto in voga a Città di Castello, tanto da aver dato i natali a due campioni del mondo di canoa/kayak.
La passeggiata lungo la riva è stata piacevole. Il sole tardava a salire e malgrado il freddo è stato bello passeggiare su quello che è poco più di un sentiero lungo il fiume. A causa del cedimento di una diga a monte, si è verificata negli anni passati un ingrossamento del fiume che ha provocato il crollo di parti degli argini in terra che però non hanno precluso la pedonabilità. Il sentiero si estende per 5-6 km per poi perdersi nella vegetazione. In progetto c'è la realizzazione di una rete ciclo-pedonale in modo da collegare, lungo il Tevere, il comune di San Giustino a Nord e, magari più in là negli anni, quelli a sud. Il centro di canottaggio attuale è invece ospitato in una struttura poco adeguata all'importanza che ha questo sport fra i cittadini. Basti pensare che, malgrado i 5°C, un uomo, verso le 12:30 ha preso il suo kayak, lo ha calato in acqua e si è avviato verso San Giustino. C'è da dire che il fiume, almeno d'inverno, è vissuto poco dalla popolazione, malgrado le acque relativamente basse, ma limpidissime, tanto da scorgere sia i pesci più grossi, in particolare le trote, sia quelli più piccoli.
Il progetto, che è ancora nella mia mente, prevede la costruzione di un nuovo rapporto con il fiume e la canoa/kayak. Non ci sarà un accesso anche per i disabili, semplicemente sarà garantito a tutti di arrivare sul fiume con i propri mezzi, qualsiasi essi siano. Ci saranno punti di sosta e di osservazione, di meditazione e lettura, di socialità e di gioco. Il percorso ciclo-pedonale potrà o potrebbe essere utilizzato anche da chi va a cavallo o porta il cane a passeggio (a proposito ho visto per la prima volta nella mia vita, i cestini per la spazzatura per cani dove, al di sotto del cestino è possibile prelevare una bustina per depositarne gli escrementi!). L'idea di base è quella di permettere alla popolazione di vivere il fiume anche nei periodi più freddi, quando piove o nevica, quando c'è vento o fa molto caldo. Che il fiume non diventi una barriera fra la città e la campagna che ancora resiste ai margini dell'abitato, malgrado la lenta e apparentemente inesorabile fagocitazione del cemento.

Insegnamenti:

  • Rilievo urbano e ambientale;
  • Rilievo dell'architettura;
  • Disegno dell'architettura;
  • Storia dell'architettura;
  • Storia della città e del territorio;
  • Teoria e storia del restauro;
  • Estetica del paesaggio;
  • Storia del giardino e del paesaggio;
  • Caratteri costruttivi dell'edilizia storica

venerdì 13 gennaio 2012

Un piccolo esempio di case popolari

In questi giorni ho avuto la fortuna o l'onere di prendere parte alla ristrutturazione di alcune case popolari in un comune del casertano dalla storia antica. Non sono le solite case dell'immaginario anni '70 quindi non parlerò di serrande verdi, mattoncini, quattro piani e atri d'accesso in travertino o trani chiaro. Queste case hanno avuto un architetto come progettista ed una pubblicazione su una rivista. Qualcosa di "serio" insomma, ma non di seriale. Ed infatti anche le tipologie sono diversificate. Un simplex per un disabile, tre duplex a schiera ed un edificio in linea a tre piani per completare, affaccianti su un cortile comune che forma una sorta di piccola comunità. Il problema è la qualità di vita degli abitanti. L'impresa, per fottere più denaro possibile, dopo aver presentato un ribasso d'asta da criminali (vincendo la gara) ha pensato bene di tralasciare le finiture (intonaco spesso non più di 1 cm, guaine posate male, assenza assoluta di ogni coibentazione, scossaline con fessure fra i giunti, mancanza di apparecchi luminosi nei garage, ecc.). Tutte le piogge degli ultimi anni sono cadute sugli abitanti, ma all'interno delle case, dipingendo color muffa tutti i soffitti e gli angoli con ponti termici degni di attraversare lo stretto di Messina senza appoggi. L'intonaco è così sottile che è possibile scorgere tutti i forati sottostanti, una sorta di stampa su carta adesiva...
Ma voglio parlare di chi ci abita. Gente tanto umile quanto dignitosa. Nessuno che abbia urlato "piove, governo ladro!", nessuno che abbia rinfacciato che "pagano le tasse e vogliamo i servizi". Anzi. Ci sono abusi edilizi quali tettoie, stufe a pellet (l'impresa non ha installato ad opera d'arte gli impianti termici...), due porte blindate, pavimentazioni e ringhiere installate in proprio, ma, come ci tenevano a precisare, si è trattato di soddisfare le necessità più impellenti dovute ad una pessima gestione della costruzione, prima e dopo l'assegnazione e, una volta informati dell'inevitabile demolizione, hanno accettato di buon grado pur di vedersi sistemati i problemi. Insomma, sapevano che non si poteva fare, ma per esigenza era l'unica cosa possibile, tenendo presente una demolizione in futuro.
Non ho sentito commenti negativi sulla qualità architettonica, forse perché gli affitti sono bassi e quindi, cinicamente, meglio lì che altrove, o forse perché quelle abitazioni le sentono proprie. C'è pulizia in tutti gli appartamenti e nelle parti comuni, il piccolo cortile è vissuto, lo stenditoio all'ultimo piano dell'edificio in linea è utilizzato, i garage e le cantinole utilizzati benché manchi la corrente elettrica (chi ha potuto, ha provveduto per sé). Gli appartamenti sono decorosi e tutti ritinteggiati due volte l'anno proprio a causa dei problemi appena accennati. Ho visto, in definitiva una popolazione che vive le proprie abitazioni e il proprio territorio con dignità e vive la propria piccola comunità con una sorta di riconoscenza, quella che poi li spinge a salvaguardare anche gli interessi comuni.