venerdì 13 gennaio 2012

Un piccolo esempio di case popolari

In questi giorni ho avuto la fortuna o l'onere di prendere parte alla ristrutturazione di alcune case popolari in un comune del casertano dalla storia antica. Non sono le solite case dell'immaginario anni '70 quindi non parlerò di serrande verdi, mattoncini, quattro piani e atri d'accesso in travertino o trani chiaro. Queste case hanno avuto un architetto come progettista ed una pubblicazione su una rivista. Qualcosa di "serio" insomma, ma non di seriale. Ed infatti anche le tipologie sono diversificate. Un simplex per un disabile, tre duplex a schiera ed un edificio in linea a tre piani per completare, affaccianti su un cortile comune che forma una sorta di piccola comunità. Il problema è la qualità di vita degli abitanti. L'impresa, per fottere più denaro possibile, dopo aver presentato un ribasso d'asta da criminali (vincendo la gara) ha pensato bene di tralasciare le finiture (intonaco spesso non più di 1 cm, guaine posate male, assenza assoluta di ogni coibentazione, scossaline con fessure fra i giunti, mancanza di apparecchi luminosi nei garage, ecc.). Tutte le piogge degli ultimi anni sono cadute sugli abitanti, ma all'interno delle case, dipingendo color muffa tutti i soffitti e gli angoli con ponti termici degni di attraversare lo stretto di Messina senza appoggi. L'intonaco è così sottile che è possibile scorgere tutti i forati sottostanti, una sorta di stampa su carta adesiva...
Ma voglio parlare di chi ci abita. Gente tanto umile quanto dignitosa. Nessuno che abbia urlato "piove, governo ladro!", nessuno che abbia rinfacciato che "pagano le tasse e vogliamo i servizi". Anzi. Ci sono abusi edilizi quali tettoie, stufe a pellet (l'impresa non ha installato ad opera d'arte gli impianti termici...), due porte blindate, pavimentazioni e ringhiere installate in proprio, ma, come ci tenevano a precisare, si è trattato di soddisfare le necessità più impellenti dovute ad una pessima gestione della costruzione, prima e dopo l'assegnazione e, una volta informati dell'inevitabile demolizione, hanno accettato di buon grado pur di vedersi sistemati i problemi. Insomma, sapevano che non si poteva fare, ma per esigenza era l'unica cosa possibile, tenendo presente una demolizione in futuro.
Non ho sentito commenti negativi sulla qualità architettonica, forse perché gli affitti sono bassi e quindi, cinicamente, meglio lì che altrove, o forse perché quelle abitazioni le sentono proprie. C'è pulizia in tutti gli appartamenti e nelle parti comuni, il piccolo cortile è vissuto, lo stenditoio all'ultimo piano dell'edificio in linea è utilizzato, i garage e le cantinole utilizzati benché manchi la corrente elettrica (chi ha potuto, ha provveduto per sé). Gli appartamenti sono decorosi e tutti ritinteggiati due volte l'anno proprio a causa dei problemi appena accennati. Ho visto, in definitiva una popolazione che vive le proprie abitazioni e il proprio territorio con dignità e vive la propria piccola comunità con una sorta di riconoscenza, quella che poi li spinge a salvaguardare anche gli interessi comuni.

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